venerdì 27 giugno 2014

"Scusate, ma voi chi siete?"


Viola Generini
Per coloro che hanno partecipato l'anno scorso alle II Giornate di Formazione, non sarà difficile ricordare i bellissimi momenti vissuti in quei giorni (come dimenticare ad esempio il "chiasso di Orvieto!"). Quest'anno le Giornate vengono con più forza che mai, con un tocco internazionale e con temi interessantissimi da scoprire. Ricorderemmo in questi giorni alcune delle testimonianze dei giovani che ci hanno partecipato. Riportiamo qui la testimonianza di Viola, che ha partecipato tutti gli anni alle Giornate. 


Una cinquantina di ragazzi camminano per le strade di Orvieto. Con loro, sacerdoti avvolti nella talare e stranissime suore vestite di blu. Cantano, ballano, ridono, fanno un gran baccano e mettono sottosopra le viuzze del centro storico. La gente li guarda, chi con un mezzo sorriso, chi con imbarazzo; infine si avvicina un signore: "Scusate, ma voi chi siete?". Padre Andrés non sa bene cosa rispondere: è difficile descrivere con poche parole  l'esperienza delle Giornate di Formazione.
Non siamo un'associazione, niente tessera, né cerimonia di ingresso. L'esperienza delle Giornate di Formazione è aperta a tutti, giovani da tutte le parti d'Italia, anzi del mondo (quest'anno avevamo anche argentini, albanesi e olandesi!), cattolici e non, credenti e non, ma tutti con la stessa sete nel cuore, la sete di Verità. Proprio la Verità è il tema centrale di queste giornate, grazie a tante conferenze tenute da persone competenti, che lasciano alla fine ampio spazio a domande, dubbi, repliche, in un clima di serenità e reciproco rispetto. Si spazia da temi filosofici, come l'esistenza di Dio, dell'anima, di una Verità assoluta, alla bioetica, passando per la storia e la letteratura. Si trattano anche temi di catechismo, per approfondire la fede cattolica, che purtroppo spesso professiamo, ma non conosciamo.

Le Giornate di Formazione però non sono solo questo: c'è anche divertimento, quello sano, che spesso, in questo tempo di discoteche e musica "a palla", è stato un po' relegato in soffitta; si canta, si balla, si fanno giochi insieme, si fa sport e si va in gita, quest'anno proprio a Orvieto. Tutte le attività sono libere, non c'é nessun obbligo di partecipare: l'idea è quella di far conoscere i ragazzi tra di loro e favorire il  formarsi di nuove amicizie. In questo caso, il piano è riuscito: per me, che ho partecipato anche alle Giornate dell'anno scorso, è stato un po' come tornare a casa dopo tanto tempo e ritrovare tutti i vecchi amici e, in più, conoscerne molti altri!

Infine, ma dal mio punto di vista al primo posto, c'é la preghiera. Nessuna azione ha senso, se non é profondamente radicata in Cristo: la roccia è Cristo e nessuno può mettere un altro fondamento (1 Cor 3,11). Tutti i giorni trascorsi insieme sono scanditi dai momenti di preghiera comunitaria: le Lodi, la Santa Messa, il Rosario, i Vespri. Sono proprio questi momenti a renderci ancora più uniti, perché proprio in Gesù e per il Suo Sangue siamo tutti fratelli.
Sono tornata a casa da questi giorni piena di entusiasmo, ma anche di serenità. Adesso sono consapevole di non essere sola, ma so che ci sono tantissimi altri giovani, che come me lottano per essere testimoni gioiosi della Verità in un mondo spesso ostile. Cammineremo insieme portando lieti le nostre croci e aiutandoci a vicenda, perché proprio nella Croce sta la vittoria di ogni cristiano.

A tutti quelli che non sono stati alle Giornate di Formazione e che non sanno decidersi a partecipare, dico questo: la forza che ci spinge a porci domande profonde sulla ragione della nostra vita è parte del patrimonio di ogni essere umano; molti si scoraggiano e smettono di cercare le risposte: voi non arrendetevi! Esiste una sola Verità e con il tempo arriverete a trovarla. Intanto, partecipate alle Giornate di Formazione con mente e cuore bene aperti: anche per chi non crede o è molto scettico, sono una bellissima occasione di crescita e di cultura.



Viola




martedì 24 giugno 2014

Consigli per conservare la castità



San Francesco di Sales delinea nelle pagine di Filotea - introduzione alla vita devota, con il linguaggio chiaro che lo caratterizza, un itinerario spirituale esigente ma immerso nel quotidiano, che nasce dalla sua esperienza di direttore spirituale. 

In questo articolo raccogliamo alcuni consigli che il santo dà per conservare la castità. Più avanti vi offriremo altri consigli del santo riguardo questo tema. 



Filotea, tienti lontana dagli inganni e dagli allettamenti della sensualità. E’ un cancro che corrode impercettibilmente; e da inizi invisibili ti porta in breve a situazioni incontrollabili; è più facile evitarlo che guarirlo.

La castità ha la sua radice nel cuore, ma è il corpo la sua abitazione; ecco perché si perde a causa dei sensi esteriori del corpo e per i pensieri e i desideri del cuore. Guardare, ascoltare, parlare, odorare, toccare cose disoneste è impudicizia se il cuore vi si immerge e ci prende piacere. S. Paolo taglia corto: La fornicazione non deve nemmeno essere nominata tra di voi. 
 Nel modo più assoluto, Filotea, non frequentare le persone licenziose, soprattutto se in più, sono anche svergognate, il che avviene quasi sempre; sai perché? Sono come i caproni che, leccando i mandorli dolci, li rendono amari. Quelle anime maleodoranti e quei cuori infetti non riescono a conversare con alcuno, poco importa di quale sesso, senza trascinarlo in qualche modo nell’impudicizia. Hanno il veleno negli occhi e nell’alito come i basilischi.

Frequenta piuttosto le persone caste e virtuose, pensa e leggi spesso cose sante, perché la Parola di Dio è casta e rende casti coloro che vi si compiacciono; sicché Davide la paragona al topazio, pietra preziosa, che ha la proprietà di calmare l’ardore della concupiscenza.



Tienti sempre vicino a Gesù Cristo crocifisso; fallo spiritualmente con la meditazione e realmente con la santa Comunione: perché allo stesso modo che coloro i quali si coricano sull’erba detta "agnus castus" diventano casti e puri, se tu riposi il cuore su Nostro Signore, che è il vero Agnello casto e immacolato, scoprirai presto che la tua anima e il tuo corpo sono mondati da tutte le sozzure e le sensualità.

martedì 17 giugno 2014


Un giovane condannato a morte scrive 
alla sua fidanzata




La castità è una virtù che deve essere vissuta in maniera speciale nel fidanzamento come autentica espressione del vero amore. Un bell'esempio di fidanzamento cattolico lo troviamo nel giovane Bartolomé Blanco Marquez che morì martire nella Guerra Civile Spagnola, a 21 anni, il 2 ottobre del 1936. 

Prima di morire fucilato per essere cattolico, lasciò quattro lettere: tre alla sua famiglia e una alla sua fidanzata, in cui traspaiono i nobili sentimenti della sua grande anima. Riportiamo qui la lettera scritta alla sua fidanzata il giorno prima di morire:



“Prigione Provinciale di Jaén, 1° ottobre 1936

Maria dell’anima,
il tuo ricordo mi accompagnerà alla tomba; fino a che
ci sia un battito nel mio cuore, questo palpiterà con
tenerezza per te. Dio ha voluto sublimare questi affetti
terreni,nobilitandoli quando ci amiamo in Lui. Quindi,
anche se nei miei ultimi giorni Dio è la mia luce e il mio
anelito, non impedisce che il ricordo della persona che
più amo mi  accompagni fino all’ora della morte...

Adesso che mi restano poche ore per il riposo definitivo,
vorrei chiederti solo una cosa: che in ricordo dell’amore
che c’è stato tra noi, e che ora è ancora più grande, tu
possa occuparti come obiettivo principale della salvezza
della tua anima; perché, in questo modo, potremo riunirci
in cielo, per tutta l’eternità, dove nessuno ci separerà. Fino 
allora quindi, Maria della mia anima, non dimenticare che 
dal cielo ti guardo e cerca di essere un esempio di donna
cristiana, poiché alla fine della partita non servono a niente
i piaceri e i beni terreni, se non riusciamo a salvare l’anima...

Fino all'eternità, dove continueremo ad amarci nei
secoli dei secoli.

Bartolomé”.


Tratto dal libro “Giovani nel terzo Millennio”, P.Carlos M. Buela, pàg. 209

giovedì 12 giugno 2014

È tutto relativo e non c’è verità?



Possiamo conoscere la verità? O tutto è relativo e in definitiva ognuno ha la sua verità? Probabilmente una delle prime cose che potrebbe far barcollare il tuo edificio intellettuale o la tua fede è il relativismo, vale a dire, la concezione che non ammette principi assoluti nel campo del conoscere e dell’attuare.

Per il relativismo, ognuno ha la sua verità, ognuno comprende le cose attraverso una visione propria e personale basata sui suoi gusti, la sua educazione o i suoi interessi. Per chi la pensa così, non solo diventa difficile l’adeguata comprensione di quello che gli altri pensano ma diventa impossibile raggiungere un accordo, ammesso che non ci sia, propriamente parlando, una verità oggettiva valida e obbligatoria per tutti. Così iniziano a demolire i princìpi religiosi, i criteri morali sui quali ci reggiamo, e la vittima di questo schiacciante attacco sprofonda in una autentica “depressione intellettuale”.

Il relativismo è il cancro fatale che tarla la cultura contemporanea. Tuttavia è anche la fallacia più grande in cui può cadere la mente umana e che non può farsi accettare se non ingannandoci per mezzo di sottili sofismi. Il relativismo, nell’ambito della conoscenza, nega la possibilità di raggiungere verità universali e oggettive. Nell’ambito morale è la negazione di poter arrivare a conoscere i valori e i beni oggettivi e agire di conseguenza (ossia nega la possibilità di poter affermare che un comportamento è cattivo per tutti o che un altro è sempre buono). Nella vita quotidiana cadono in questo errore tutti quelli che non accettano le verità assolute; coloro che sostengono che “ognuno ha la sua verità”, e che tacciano di “fondamentalismo” tutti quelli che sostengono con fermezza la verità della fede.

Qual è la fondamentale critica al relativismo? O meglio, per dirla con ciò che può interessarci di più: è vero che non c’è verità? La verità è l’adeguamento della nostra mente alle cose, pertanto o c’è verità oggettiva (adeguata alla realtà) e quindi valida per tutti gli esseri intelligenti, o semplicemente non esiste la verità ma opinioni, che sono apprezzamenti diversi sulle cose. La critica più essenziale che si può formulare al relativismo, oltre alle altre di carattere estrinseco, come sarebbe la dimostrazione dell’esistenza di una verità assoluta, di evidenze universali, consiste nel fatto che ogni relativismo implica una contraddizione intrinseca.

Sostenendo la tesi secondo cui nessun giudizio gode della proprietà di essere veritiero nel senso assoluto e che ogni verità è relativa sorge, come conseguenza ineludibile, che nemmeno il giudizio “ogni verità è relativa” può avere un carattere di validità assoluta, fatto che distrugge, con le proprie armi, il relativismo. Se, dato un certo fattore condizionante, si ammette come verità che ogni verità è relativa, posto l’altro fattore distinto si dovrà ammettere come veritiero che ogni verità è assoluta, il che è una contraddizione con la tesi fondamentale del relativismo.

Inoltre, l’esistenza della verità (intendendo la verità come qualcosa di oggettivo e universale, invariabile e superiore a qualsiasi opinione umana) è una certezza del senso comune; appartiene così tanto al senso comune che, basandoci sul fatto che ci sono verità oggettive, ci sposiamo, seminiamo, saliamo su una barca o su un aereo, compriamo e vendiamo e ci lasciamo uccidere difendendo la patria o le persone che amiamo.

Perché non ci sono dubbi sul fatto che ci sono verità oggettive, ripetiamo i proverbi a modo di verità oggettive coltivate dalla filosofia popolare: “chi non guarda avanti, rimane indietro”; “le bugie hanno le gambe corte”; “l’apparenza inganna”; “chi ha il pane non ha i denti”; “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”; etc. Questo non suppone che crediamo nel valore oggettivo delle cose e delle verità che le esprimono? Chi si sposerebbe se dovesse accettare che una cosa sarà la fedeltà per me, un’altra per te? Chi si imbarcherebbe se non fosse sicuro del principio per il quale un corpo solido può galleggiare in determinate condizioni o chi salirebbe su un aereo basandosi solo sul fatto che il pilota opina che il suo aereo è in grado di mantenersi sull’aria? Ma non solo abbiamo una certezza popolare dell’esistenza e del valore oggettivo della verità, bensì una certezza scientifica
della stessa. La verità esiste e non può essere negata, poiché come dice tra gli altri Tommaso d’Aquino, “chi nega che esiste la verità, ammette che esiste una verità; infatti se la verità non esiste sarà vero che la verità non esiste. Ma se vi è qualche cosa di vero, bisogna che esista la verità”[1]. Sembra uno scioglilingua, ma è un sillogismo… perfetto.
La nostra intelligenza è capace di ragionare e di raggiungere l’essere delle cose, la realtà. Conosciamo l’essere delle cose, come ci insegna una sana filosofia e come lo riconosciamo nella pratica, nonostante professiamo la più ostinata delle filosofie soggettiviste, poiché il più grossolano negatore del fatto che possiamo conoscere la verità assoluta delle cose è capace di muovere cielo e terra perché gli paghino lo stipendio (come sa che è suo? E se il datore di lavoro opina che non lo deve pagare?), e attento a chi gli tocchi sua moglie o i suoi beni, e in questo non valgono le opinioni né quella che ognuno abbia la sua verità (anche il ladro dice di avere la sua verità, e questa è che gli piace di più la mia auto che la sua e per questo decide di appropriarsene; che cosa gli risponderò io, miserabile relativista? “Signore, se lei la vede così, qui ci sono le chiavi, scusi se ho pensato male di lei”. Un relativista può insegnare il relativismo per tutta la sua vita con piena convinzione (il che sarebbe contrario al relativismo); ma se andasse in un ristorante “relativista” e chiedendo una lepre si vedesse portare un gatto perché il padrone del ristorante dal suo punto di vista sostiene che il gatto è uguale alla lepre, non solo può veder crollare il suo sistema in pochi secondi ma potrebbe passare il resto “relativo” della sua vita in prigione per tentato omicidio del proprietario di un ristorante.

Ogni relativista è, necessariamente, un incoerente nella vita reale. Anche in questo modo è difficile far comprendere ad un relativista il suo errore (non il dimostrarglielo, ma ottenere che l’accetti) perché il relativismo è una forma di stupidaggine, e la stupidaggine non solo suole essere un peccato, ma anche un castigo in cui cade chi non ha amore per la verità. Costui si può castigare nell’unico modo che può capire: chiedendogli che ci restituisca il nostro denaro. Poiché mi dirà che ciò che insegna ha valore solo per lui e che è molto probabile che io abbia un’altra opinione, che lui non pensa di condividere, ma nemmeno di rifiutare… meglio che mi restituisca il mio denaro, e che io me ne ritorni a casa, perché questo lo riesco a capire!



[1] Tra gli altri luoghi lo insegna nella Summa Teologica I, 2, 1 ad 3


Tratto dal libro di P.Miguel Angel Fuentes “Le verità rubate”.

mercoledì 11 giugno 2014

Gesù: è veramente Dio?
(parte III)


3Come conciliare Cristo e suoi critici?

            Gesù credeva e ha affermato di essere DioQuesto è certoI suoi critici dicono che non è statoanche ammettendo tutto ciò che credono si può concedergliChi ha ragioneSe c’è l’ha Gesùallora eraed è Dio. Se c’è l’hanno i suoi avversariquindi ... è stato un bugiardo o un povero illusoNon ci possono essere più probabilitàSolo treQuesto è stato chiamato il "trilemma" su Gesù Cristo o pazzio criminali ... o Dio.

            La prima possibilità è che Gesù Cristo è stato un bugiardo. In questo caso Gesù avrebbe ingannato i suoi contemporanei e tutti coloro che avrebbero creduto in Lui per secoli, dicendo delle bugie nonostante essere consapevole della verità. In questo caso, si trattarebbe di una personalità moralmente iniqua. Un impostore, un bugiardo che ha ingannato uomini e donne pur di far finta di essere Dio, e chiedendo loro di lasciare tutto per colui,  che essi rinunciassero a tutto per Lui, le loro famiglie, le loro proprietà, i loro genitori e figli, la propria felicità umana, anche la vita stessa. Sarebbe allora il principale e l’unico  responsabile di migliaia e milioni di " inutili martiri ", dell'appassimento di innumerevoli vite nella solitudine del deserto; sarebbe il principale responsabile delle innumerevoli vite che hanno abbracciato la penitenza, il celibato, la povertà, ecc , per cercare di raggiungere un’ illusione colossale inventata da Lui. Saremmo  in presenza di una personalità piena di una particolare e strana malizia.
            Ma veramente è un personaggio? Era così Gesù di Nazareth? Non ci è permesso di pronunciare una sentenza del genere, neanche i loro avversariAl contrarioper loro Lui era la persona con più alta moralela più pura idea di umanità, la giustizia personificataun "quasi-Dio", come risulta delle testimonianze  prima riportate.
            Allora potrebbe essere possibile che Lui si sarebbe ingannato  a se stesso, credendo di essere  Dio! In questo caso si trattarebbe di  una personalità psicologicamente squilibrata. Un paranoico con manie di grandezza. Un malato da "deliri espansivi" che lo portavano a credersi il Messia, il Redentore del genere umano, e anche Dio stesso, il Figlio di Dio per natura. Se non era colpevole del Suo proprio inganno, saremmo di fronte ad un  buon uomo, irresponsabile delle sue dichiarazioni, ma in fondo sempre un malato. Insomma , un povero pazzo, così  ingenuo come Simone che credendo di essere uccello si gettò dalla torre per volare e si schiantò contro il duro selciato.
Ma era questo il nostro Gesù di NazarethAnche i suoi critici non ci permettono sostenere questoAnziper loro Lui fu la persona più equilibrata dell’umanità, per esempio: per Lui la psicologia umana ha raggiunto il più alto grado di serenità e armonia intellettualevolitiva e affettivaModello di ogni uomoAbbiamo accennato prima in questi testimoni.

            Ma ... se i suoi critici non ci lasciano dire che Lui ha ingannato se stesso, neanche che ha ingannato i suoi contemporanei discendenti ... ci costringono ad ammettere che ciò che Lui credava e insegnava di se stesso era vero e la pura verità ... E Lui credeva e dicevacome abbiamo dimostrato, che era DioQuindi, per usare le parole del famoso apologista José Antonio de Laburu, SJ Signori, la risposta è vostraPensateSignorivoi siete uomini, pensate![1].

           

Bibliografia per approfondire:
                De Laburu, José A.Jesucristo, ¿es Dios?, Paoline, Santiago del Cile 1959.
                Buysse, PabloJesús ante la critica, Ed. Litúrgica Española, Barcellona 1930.
                Grandmaison, L.,  Jesucristo, Ed. Litúrgica Española, Barcellona 1941.



[1] J.A. de Laburu, op. cit., p. 84.

domenica 8 giugno 2014

Gesù: è veramente Dio?
(parte II)




2Cosa  ha detto Gesù di se stesso?

            Confrontiamo questi giudizi su Gesù, con le Sue dichiarazioni e la Sua coscienzaGesù Cristo, chi credeva  di essere[1] Che cosa ha detto di se stesso?
            Dobbiamo riconoscere che le sue dichiarazioni possono considerarsi in alcun modo ambigueSenza entrare nei dettagli, leggendo con calma la lettura del Vangeloci rendiamo conto che:

1. Gesù prese attribuzioni divine: inviando le tempestechiamando alla vita i morti,  perdonando i peccati degli uominisempre in prima persona; mai comanda o da ordini in nome di Dioma sempre in nome proprioFanciulla, io ti dico, alzati! (Marco 5,41); Donna, Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più (Gv 8,11).

2. Gesù legiferava come Dio: nessun profeta del Antico Testamentoavrebbe osato dire come Lui nel Discorso della MontagnaAvete inteso che fu detto... ma io vi dico (Mt 5,37).

3. Gesù chiese di essere amato come Dio: Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me;  chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.  Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà (Mt 10,37-39).

4. Gesù ha promesso cose proprie di Dio: In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso (Lc 23, 43), E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo (Mc 14, 62).

5. Gesù  affermava la Sua unità annunciandosi con il Padre Dio: Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio (Mt 11, 27);  Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30); Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te (Gv 17, 21).

            Un grande teologo ha detto che l’espressioni del Vangelo che riguardano alla persona di Cristo sono così forti e categorichecosì vivaci ed efficaci, che non si può pensare in un divario tra l'umano e il divino[2]Non si possono spiegare di forma semplice le espressioni: Io sono la via, la verità e la vita (Gv 14,6); o quest’altra: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gv 6,51). Allo stesso modo: Io sono la luce del mondo... perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato... Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno...prima che Abramo fosse, Io Sono (cf. Gv 8, 12.16.23.56-58). Nonché: Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre (Gv 16, 27-28).

            InfineGesù ha detto che Lui e il Padre (celeste) sono uno (cf. Gv 17,21), che Lui solo conosce il Padre, perché viene da Lui (cf. Mt 11,27)che Lui era prima di Abramo (cfr Gv 8,58)che Lui era più grande di Salomone (cf. Lc 11,31), più grande dello stesso Davide, da chi è "Signore" (cf. Mt 22,42-45, e più che i profeti, come Giona (cf. Lc 11,32)che alla fine dei tempi ritornerebbe a giudicare i vivi e i morti rivestito di gloria e maestà (cf. Mt 26,64), che potrebbe perdonare i peccati degli uomini (cf. Mt 9,2-5), ecc. Inoltrequando Caifa le chieseTi scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio. Gesù gli rispose, Tu l'hai detto (Mt 26, 63-64). E Lui ha preferito morire sulla Croce prima di ritrattare queste parole.

            Si può non credere nelle parole di Cristoma nessuno può mettere in dubbio le parole di Cristo su se stesso.




[1] Cf. François Dreyfus, Gesù, sapeva d’essere Dio?, Ed. Paoline, Milano 1985.
[2] Cf. Pietro Parente, La psicología de Cristo, Herder, Barcellona 1964, pp. 78-80.

mercoledì 4 giugno 2014

Gesù: è veramente Dio?
(parte I)



Le opinioni su Gesù  hanno diviso le acque intellettuali dal momento in cui la Sua vita pubblica iniziò fino ad oggi. Attraverso Lui innumerevoli legioni di uomini e donne hanno lasciato tutto: il paese, la famiglia, le ricchezze, le posizioni, l’avvenire, la salute, e la vita stessa.
Ci sono stati anche uomini che hanno pensato le cose più stravaganti di Lui. Hanno detto che era un pazzo (Marco 3, 21: Egli è fuori di sé, Giovanni 10, 20: Ha perso il giudizio), che era posseduto (Marco 3, 22: Egli è in possesso di Belzebù, Marco 3, 30: Ha uno spirito maligno , Giovanni 7, 20: Tu sei posseduto dal demonio), che era un bugiardo: (Matteo 27, 63: quello impostore ... ha detto...), (Giovanni 7, 12: No, inganna la gente!), che era una peccatore (Luca 7, 34: Ecco un mangione e un beone), un bestemmiatore (Matteo 26, 65: Ha bestemmiato! ). Inoltre, hanno detto che era un pazzo psicologico, un epilettico, un infame (Voltaire), un buffone, un ribelle, un comunista, un guerrigliero, ecc. Si tratta di sentenze emesse dalla passione, l'invidia e l'odio; e nessuno dei "nemici seri" di Cristo (i suoi "detrattori scientifici») hanno mai condiviso queste opinioni. 

Quindi, per rispondere alla Sua domanda bisogna che prendiamo spunto dagli autori seri e delle stesse parole di nostro Signore. Infine, dopo questo lavoro si arriva ad una conclusione molto suggestiva.

Dividiamo questo articolo di P.Miguel Angel Fuentes in tre parti. Ringraziamo  Francesco e Fiorella Sarubbo per il grande lavoro di traduzione.

1. Cosa hanno detto su  Cristo i suoi “seri critici”?

Riportiamo alcuni dei più famosi dei secoli XIX e XX

            L'apostata francese Joseph-Ernest Renan diceva:  Gesù  “... è la più alta regola di vita, il più noto e il più virtuoso. Lui ha creato il mondo delle anime pure, dove si trova ciò che inutilmente si chiede alla Terra, la perfetta nobiltà dei figli di Dio, la piena santità, l'astrazione totale delle contaminazioni del mondo, la libertà, la fine”[1]. Anche ha  scritto: "Tutte i secoli  proclameranno che fra i figli degli uomini non è nasciuto nessuno superiore di Gesù"[2].
            Il modernista  ed eretico Alfred Loisy è stato costretto a riconoscere che "si sente in tutto, nei Suoi discorsi, nelle Sue azioni, nel Suo dolore, un qualcosa di divino,  che innalza Gesù Cristo, non solo al di sopra dell'umanità ordinaria ma soprattutto al di sopra di quello più prezioso dell'umanità "[3].
            Il grande teologo razionalista e protestante Adolf  Von Harnack riconosce che Gesù "ha portato alla luce per la prima volta, il valore di ogni anima umana, e nessuno può annullare ciò che Lui ha fatto. Qualunque sia l'atteggiamento che si prenda di fronte a Gesù Cristo, non si può fare a meno di riconoscere che, nella storia, è Lui che ha sollevato l'umanità a questa altezza "[4].
          Il critico inglese John Middleton Murry ha confessato: "Gesù è il più divino degli uomini"[5].
            Auguste Sabatier, che divenne decano della facoltà di teologia protestante di Parigi, scrisse: "Gesù è l'anima più bella che sia mai esistita: sincera, pura, è stato sollevato ad un'altezza a cui l'uomo non può mai arrivare» [6].
       Paolo Wernle continua dicendo: " Quello che sconcerta in Gesù è che Lui era consapevole di essere più di un uomo, mantenendo, tuttavia, la più profonda umiltà di fronte a Dio" "E' del tutto impossibile rappresentare una vita spirituale come quella di Gesù"[7].
            Il più pagato dei poeti pagani moderni, Wolfang Goethe chiamò : "L'uomo divino, il santo, il tipo e il modello di tutti gli uomini" [8]. E anche: "Mi inchino davanti Gesù Cristo come la rivelazione divina del principio supremo della moralità”. [9]
L’ultrarazionalista Strauss è stato anche costretto ad ammettere: "In qualsiasi posto o momento nessuno potrà mai superare e nemmeno eguagliare Gesù "[10].
            E uno dei padri della rivoluzione francese e la moderna concezione della libertà entesa come  dissolutezza, Jean Jacques Rousseau, ha avuto il coraggio di dire nella sua professione di fede del Vicario savoiardo: "Confesso che la maestà delle Scritture mi colpisce; la santità del Vangelo mi parla al cuore... Sì, io credo che: se la vita e la morte di Socrate sono quelle di un saggio, la vita e la morte di Gesù sono quelle di un Dio! " [11].
           E potremmo riportare molti altri. Il grande apologista Leoncio di Grandmaison.  SJ , ha scritto parlando dei razionalisti tedeschi del XIX secolo: “ tutti ammettono che il Maestro Nazareno ha superato la comune altezza dell’umanità, che ha aperto veramente la pura vita religiosa, e che per tali titoli ci si può considerare  un “profeta”, e un eroe di ordine spirituale. Ma nessuno sostiene la divinità del Signore nel senso tradizionale di questa  parola. Quasi tutti si rifugiano nell’ammirazione della “personalità” di Gesù, sottolineando il Suo carattere sublime, nel Suo senso della realtà "[12].

Proprio per questo motivo tutti sono bloccati in un circolo soffocante: accettano un Cristo insolitamente grande, che non è Dio ...



[1] Rénan, Vie de Jésus, citato per A. Arrighini, Juicios humanos sobre Cristo, Ed. Excelsa, Buenos Aires 1947, p. 190.
[2] Rénan, Vie de Jésus, citato per A. Arrighini, Juicios humanos sobre Cristo, Ed. Excelsa, Buenos Aires 1947, p. 190.
[3] A. Loisy, Le Quatriéme Evangile, 1903, cit. per Laburu, p. 73.

[4] A. von Harnack, Das Wesen des Christentums, 1091, pp. 33-34; cit. per Laburu, p. 73.
[5] J. Middleton Murry, Jesus Man of Genius, London and New York, 1926, cit. per Laburu, p. 75.
[6] A. Sabatier, Esquisse d’une Philosophie de la Religion d’après la Psycologie et l’Histoire, Paris 1890, cit. per Laburu, p. 75.
[7] P. Wernle, Die Afange unseres Religion, 1901, p. 25, cit. per Laburu, p. 74.
[8] W. Goethe, Entretenimiento con Ekerman, vol. III, cit. per Arrighini, p. 216.
[9] W. Goethe, cit. per Laburu, p. 76.
[10] Strauss, Del passagio e del permanente nel Cristianesimo, cit. per Arrighini, p. 190.
[11] J.J. Rousseau, Profesión de fe del vicario saboyano, cit. per Arrighini, p. 190.
[12] L. de Grandmaison, Jesucristo, Ed. Litúrgica Española, Barcellona 1941, p. 371-372.