mercoledì 13 maggio 2015

Marcia per la Vita 2015: risposta di un pro-life all’articolo de “Il Fatto Quotidiano”




di Stefano Principe

Il 10 Maggio 2015 compare sul blog de “Il Fatto Quotidiano” un articolo sulla Marcia per la Vita, tenutasi lo stesso giorno a Roma[1]. L’articolo è un interessante compendio di tutti gli argomenti che i pro-choice da anni usano per giustificare l’aborto e le leggi che lo consentono (in Italia la legge 194 del 1978).
Può essere utile allora tentare di rispondere a queste varie obiezioni. Ci proviamo.


Chi è il protagonista dell’aborto?


Embrione di 5-6 settimane


L’autore difende la legge 194 che dà la possibilità alle donne di ricorrere all’aborto «in strutture pubbliche in modo tale che […] non corrano pericoli per la loro salute. […] La legge 194 è stata pensata per impedire che una scelta difficile della vita di una donna si trasformi da dramma in tragedia». Sembrerebbe tutto molto sensato ma, come di solito accade, alla base degli argomenti in difesa della legge 194, vi è una dimenticanza che è invece sostanziale: si dimentica chi è il vero protagonista dell’aborto. Per i pro-choice, il protagonista è la donna, il fatto che il corpo è suo e dunque decide lei cosa farne. Certo, il corpo è della donna. Il problema, è che il corpo presente nel corpo della donna, non è il corpo della donna. Ci si dimentica di quel corpo, il vero protagonista dell’aborto: lo zigote, l’embrione, il feto, il bambino. Tutta la questione dell’aborto si può ridurre, a mio parere, ad una semplice domanda: lo zigote, la prima cellula che si viene a formare al momento del concepimento, è già un essere umano? Se è già un essere umano a tutti gli effetti, allora l’aborto non può essere mai concesso, perché significherebbe dare la possibilità ad una donna di uccidere un altro essere umano, per giunta innocente e indifeso, per giunta suo figlio. E lo Stato non può permettere ad una donna di uccidere suo figlio, semplicemente perché lo Stato non può legalizzare l’omicidio. Chi ci può dire se lo zigote sia già un essere umano?
-       Ce lo dice la scienza in maniera molto chiara. Citiamo solo, per mancanza di spazio, le parole di Maureen L. Condic, professore associato di neurobiologia e anatomia alla University of Utah School of Medicine di Salt Lake. Nella sua trattazione scientifica del tema dell’aborto dal titolo, “When does human life begin? A scientific perspective”(reperibile gratis, vedi nota)[2], afferma: «prove scientifiche supportano la conclusione che uno zigote è un organismo umano e che la vita di un nuovo essere umano comincia in un istante ben definito: il “momento del concepimento”».
-       Ce lo dicono i medici italiani che, secondo la Relazione Ministeriale sull’attuazione della legge 194[3] del 2012, si rifiutano in massa di compiere aborti: circa il 70% dei medici italiani, nel 2012, si rifiutava di praticare aborti e ci sono regioni in cui si supera l’80%. I medici vengono pagati per praticare aborti: dunque se l’aborto è come un’operazione di appendicite, perché fare obiezione di coscienza, se vieni pure pagato per farlo?
Il Dottor Bernard Nathanson
-       Tra i medici stranieri, ricordiamo la potente storia del dottor Bernard Nathanson[4], fondatore del movimento abortista degli USA negli anni ’70. Dopo aver praticato 75000 aborti e dopo essere stato direttore della più grande clinica per aborti degli USA, diventa strenuo pro-life dopo aver visto l’ecografia di un aborto (il video “Il grido silenzioso”)[5]. Perché questo ginecologo fece una scelta così radicale? Perché, dopo aver dedicato parte della sua vita a legalizzare l’aborto e dopo aver fatto soldi a camionate grazie all’aborto, perché dedica i suoi ultimi 40 anni a battersi «per una penalizzazione definitiva e irrevocabile dell’aborto»?
-        Ce lo dicono persino pro-choice del calibro di Faye Wattleton, ex-presidente della Planned Parenthood, la più potente organizzazione abortista degli USA, che nel 1997 ha affermato che «qualsiasi pretesa di dire che l’aborto non uccide è sempre un segno di una nostra ambivalenza. L’aborto uccide il feto». Ma anche in Italia, la giornalista Monica Ricci Sargentini, a Febbraio 2015, sul blog la 27ORA[6], ha riconosciuto che «le ecografie, ormai ultraprecise, ci hanno mostrato che l’embrione non è certo solo un grumo di cellule» e che l’aborto è un «atto orribile».

Se la scienza, i medici e persino chi è favorevole all’aborto, tutti, ci dicono che l’aborto è un omicidio: possiamo permetterci di avere ancora dei dubbi? E se l’aborto è un omicidio, davvero lo Stato può permetterlo? Se l’aborto è l’eliminazione di un essere umano innocente e indifeso, può esistere un motivo tanto grave da legittimarlo? Davvero alla donna deve essere concessa la possibilità di eliminare suo figlio? La legge 194 non impedisce che l’aborto «si trasformi da dramma in tragedia», ma rende lecita una tragedia e da 40 anni genera una ferita grande e profonda nelle nostre donne e nella nostra società.


Aborto clandestino: un argomento illogico


L’autore difende la 194 anche perché nata per estirpare «la piaga dell’aborto clandestino». Ma ogni azione illegale avviene, per definizione, in maniera clandestina. Dunque, l’aborto era clandestino, gli omicidi oggi avvengono in maniera clandestina, i furti avvengono in maniera clandestina. Facciamo un esempio: consideriamo la rapina. Tutti riconosciamo che la rapina è sbagliata ed è un male che va eliminato dalla nostra società. Ma, dato che non potremo mai eliminare del tutto le rapine, conviene legalizzarle, così da evitare che i ladri, nel compierli, si possano fare del male e possano far del male ad altri. Questo ragionamento, che a tutti sembrerà naturalmente assurdo, diventa improvvisamente sensato per l’aborto: «se la legge 194 venisse abrogata non verrebbe cancellato l’aborto, ma solo la possibilità di ricorrervi in strutture pubbliche in modo tale che le donne non corrano pericoli per la loro salute», si afferma nell’articolo del Fatto. Cioè: non possiamo eliminare l’aborto, quindi tanto vale legalizzarlo per evitare che le donne possano farsi del male. Ma se l’aborto è un omicidio, e abbiamo visto che lo è, non possiamo permettere che una donna commetta un omicidio in maniera pulita, legale, sicura e gratuita, per evitare che si faccia del male nel compierlo. Come se non bastasse, l’aborto legale provoca gravi conseguenze alle donne, come sottolineato dalla psicologa e psicoterapeuta Cinzia Baccaglini nel suo libretto 50 domande e risposte sul post-aborto[7].

Contraccezione implica meno aborti?

L’autore prosegue: «Basterebbe infatti una maggiore coscienza per evitare gravidanze indesiderate: l’uso del preservativo, l’educazione sessuale a partire dai luoghi di formazione, ecc.». Ora, io non sono un esperto di sociologia, ma è sufficiente citare qualche studio condotto su nazioni come Gran Bretagna e Spagna[8] in cui si scopre che non vi è alcuna correlazione tra aumento della contraccezione e riduzione dell’aborto, almeno per ammettere che la questione non può essere liquidata semplicemente dicendo che «il numero degli aborti calerebbe sensibilmente» diffondendo contraccettivi: affermazione che sembra basarsi su una qualche certezza scientifica di fondo, che di fatto non c’è. Più contraccezione non implica meno aborti, perché la contraccezione non è infallibile, come invece ci si ostina a propagandare in maniera del tutto antiscientifica. Un ex dirigente medico della Planned Parenthood ammise che «ogni anno avvengono più di tre milioni di gravidanze non pianificate in America; due terzi di queste sono dovute al fallimento del contraccettivo»[9]. Allora, se si fa credere ai giovani che, usando i contraccettivi, di sicuro non si avranno gravidanze indesiderate, e che quindi possono fare sesso come, quando, dove e perché vogliono, ovviamente si avrà un incremento dei rapporti sessuali, quindi un aumento delle gravidanze indesiderate e quindi alla fine un incremento degli aborti. Questo ragionamento è supportato anche da alcuni studi: la contraccezione è una causa dell’aumento degli aborti[10].



La red harring fallacy


L’articolo prosegue cadendo nella red harring fallacy, un errore logico che consiste in questo: tentare di invalidare gli argomenti di chi è contro l’aborto, denigrando chi è contro l’aborto. Vorrei semplicemente ricordare che, tra le decine di migliaia di persone che hanno partecipato alla Marcia per la Vita, ci sono tantissimi volontari che aiutano realmente, concretamente le donne a portare avanti una gravidanza e a sostenerne le spese (e nessuna donna si è mai pentita di aver scelto di partorire, mentre moltissime si pentono di aver abortito). Ma, se anche fossimo tutti delle persone spregevoli, questo non intaccherebbe per nulla tutti i nostri argomenti a favore del fatto che l’aborto è un omicidio. Ecco perché si chiama “fallacy”.


La straw man fallacy


Altro errore logico, questa volta una straw man fallacy: «questa gente ha come slogan “per la vita, senza compromessi”. Ma, a ben vedere, sono gli stessi che vorrebbero che i bimbi e le bimbe delle famiglie arcobaleno non nascessero». L’errore qui sta nel fatto che viene data una interpretazione errata del pensiero di chi ha partecipato alla Marcia per la Vita, nel tentativo di far perdere di credibilità le loro posizioni. In realtà, nessuno vuole che i bambini delle “famiglie arcobaleno” non nascano: piuttosto, vogliamo che i bambini non nascano nelle famiglie arcobaleno. E anche se nascessero mediante pratiche orribili quali l’utero in affitto, di sicuro nessuno di noi vorrebbe che quel bambino venisse abortito. Mentre l’autore ritiene che «la genitorialità non è un fatto meramente biologico», la scienza afferma ben altro: ognuno di noi nasce da un padre e una madre. Ogni essere umano nasce da un padre e una madre e ha quindi diritto a crescere con il suo padre biologico e con la sua madre biologica. Con le parole di Katy Faust, una donna cresciuta con due donne (vi invito a leggere la lettera completa): «[…] Tutto ciò non riguarda il fatto essere contro qualcuno. Riguarda quello che sostengo. Io sostengo i bambini! Voglio che tutti i bambini abbiano l'amore della propria madre e del proprio padre. Sei figli adulti di genitori omosessuali vogliono opporsi alla furia della lobby gay […] Siamo solo la punta dell'iceberg dei figli che attualmente vengono cresciuti in famiglie omosessuali. Quando diventeranno adulti, molti si chiederanno perché la separazione da un genitore che per loro è stata di una gravità fondamentale sia stata celebrata come un “trionfo dei diritti civili”, e si volgeranno a questa generazione per avere una risposta. Cosa dovremo dire loro?»[11].

In conclusione: nessuno di quelli che ha partecipato alla Marcia per la Vita è contro nessuno. Nessuno di noi può giudicare una persona, ma tutti noi abbiamo il dovere di giudicare un’azione sbagliata. E dobbiamo lottare ed essere disposti a qualunque cosa pur di risvegliare le coscienze. Ognuno di noi si impegni a lavorare per la vita, quotidianamente, nella propria realtà. La Marcia per la Vita 2016 sarà un’occasione per sostenerci a vicenda e infonderci coraggio.
 


[4] Bernard Nathanson, Aborting America, Edizioni Amici per la Vita, Milano 2010.
[5] Il Grido silenzioso, video del dottor Bernard Nathanson, www.youtube.com/watch?v=2gbKE86_xro
[8]Cfr. «Contraception» 2011; 83(1):82-7; Cfr. Sexually Transmitted Infections» 2002; 78 (5):352-356; Cfr. «Journal of Health Economics» 2002; 21(2):207-25 www.giulianoguzzo.com/2013/09/06/perche-la-contraccezione-non-riduce-semmai-aumenta-gli-aborti
[9] Dr. Louise Tyrer, Letter to the Editor, Wall Street Journal, 26 April 1991, Cfr. www.chastityproject.com/qa/abstinence-fine-dont-think-schools-teach-condoms-going-sexually-active/
[10] Cfr. «Working Paper, Duke University Department of Economics» 2008: 1-38 at 31; Cfr. Guttmacher Institute 2008, Facts on Induced Abortion in the United States; Cfr. www.giulianoguzzo.com/2013/09/06/perche-la-contraccezione-non-riduce-semmai-aumenta-gli-aborti
[11] www.thepublicdiscourse.com/2015/02/14370/ Dear Justice Kennedy: An Open Letter from the Child of a Loving Gay Parent, di Katy Faust.